Nel settore della plastica, il processo produttivo mette i lavoratori a contatto con una combinazione complessa di rischi: materiali polimerici diversi, additivi chimici, elevate temperature, polveri e solventi.
A ogni variazione di materia prima e di tecnologia (stampaggio a iniezione, estrusione, soffiaggio, termoformatura…) cambia anche il “cocktail” di sostanze che può liberarsi in aria sotto forma di fumi, vapori e particolato.
Le criticità principali riguardano tre fronti:
- Ergonomico: movimentazione manuale di sacchi, fusti, stampi e prodotti finiti, spesso in spazi ristretti, con rischio di sovraccarico per schiena e arti superiori.
- Chimico: degradazione termica dei polimeri e degli additivi e uso di solventi per pulizia stampi e inchiostri. Alcune di queste sostanze sono irritanti, tossiche e in diversi casi classificate come cancerogene o interferenti endocrini.
- Fisico: livelli di rumore spesso prossimi o oltre i valori di azione, ultrasuoni e radiazioni ottiche che possono danneggiare udito, occhi e cute nel lungo periodo.
In questo scenario, la prevenzione non può limitarsi ai DPI: servono layout studiati, movimentazione meccanizzata e soprattutto impianti di aspirazione e filtrazione progettati sul ciclo reale, capaci di captare fumi e polveri alla fonte, contenere la dispersione nell’ambiente, proteggere operatori e macchine e garantire il rispetto dei limiti normativi.
Sono accorgimenti operativi che salvano vite e prevengono i problemi sul nascere.
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